martedì

Io e l'adolescenza

Solo ora capisco perché quando ero un adolescente ho avuto grandi problemi di comunicazione con i miei coetanei e spesso vedendo che gli altri erano diversi da me mi sentivo molto angosciata e isolata. La scuola ha rappresentato per me un periodo molto snervante. Io cercavo di entrare nel sistema scolastico che mi circondava provando a dialogare con le mie compagne di classe ma spesso mi prendevano in giro per battute fuori luogo, o per il mio comportamento timido e goffo. Per questo mi isolavo e a volte mi chiudevo in bagno per ridurre l’angoscia e lo stress. Non capivo. Volevo morire.

A volte mi inginocchiavo davanti al letto per ore ed ore a leggere tanto che dopo un po’ mi facevano male le ginocchia e quindi dovevo cambiare posizione. Spesso leggevo manuali su come fare per essere felice oppure su come fare per comunicare con gli altri ma i risultati erano estremamente scarsi. Con il tempo ho imparato sempre più a camuffarmi con gli altri.

Ma chi erano gli altri per me a 15 anni?

Gli altri erano i neuro tipici. Quelli che salutavano sempre alla mattina anche se erano incavolati con il mondo e non volevano andare a scuola.

Erano quelli che sapevano organizzare i compiti e la giornata e si divertivano a comandare e dirti come dovevi comportarti.

Erano quelli che non abbassavano lo sguardo anche se non erano colpevoli o che semplicemente ti guardavano negli occhi pretendendo che anche tu facessi lo stesso.

Gli altri, quelli che andavano al supermercato nelle ore di punta e sopportavano lo stress acustico del corridoio quando suonava la campanella.

Gli altri, che riuscivano a passeggiare per la strada trafficata chiacchierando, attraversavano la strada velocemente e contemporaneamente mangiavano e si trovano bene in luoghi affollati e chiassosi come le discoteche.

Oppure gli altri che riuscivano a stare attenti alla lezione senza concentrarsi sulla spallina del regiseno dell’insegnante che continuava a scendere e lei che continua a rimetterla al suo posto e questo per 4-5 volte. Gli altri, che non perdono tutta la lezione per una spallina di regiseno fino a quando non senti quell’ insegnante che ti chiama ed improvvisamente sei catapultata di nuovo in classe con i tuoi compagni che ridono di te.

Altro esempio su chi sono gli altri è la mia cara amica di scuola media,

che mi prendeva in giro per la mia timidezza.

Proprio tu! Mi piacerebbe farti vivere come un aspie per un solo giorno.

Mi piacerebbe per un giorno farti pensare come me, farti provare le mie emozioni e coinvolgerti nelle mie azioni. Allora capiresti che non è stato divertente anche se tutti ridevano.

Vorrei che anche tu vivessi tutti i dolorosi problemi che una adolescente aspie deve affrontare a scuola, con le amiche come te  e la famiglia che mi sono ritrovata. Primo fra tutti il problema del bullismo che tu cara amica “NORMALE” rappresenti egregiamente.

Ci vuole coraggio ad essere un adolescente Asperger, tu non sai quanto per starti vicino.

Nella vita di tutti i giorni ogni adolescente aspie obbligatoriamente diventa coraggioso per riuscire a tuffarsi in un mondo incomprensibile e ostile.

Oggi riesco a stimarmi e non desiderare di essere “come te” ma allora No! ti volevo imitare.

Ho fatto di tutto per scopiazzarti ed avere una vita “normale” nascondendo la vita “geniale” che albergava dentro di me. Imitavo soprattutto te mia cara che di appena un anno più giovane di me eri circondata da ragazzi, socializzavi facilmente, e ridevi con quella risata fragorosa ed isterica.

Ma tu eri cercata ed avevi una buona autostima. Io no! E ti invidiavo alla follia!

Fin da allora ho sempre preferito riuscire ad avere le mie routine giornaliere. In modo molto ripetitivo mi alzavo e facevo colazione poi uscivo ed andavo a scuola.

Il pomeriggio sempre uguale a casa a leggere e studiare. Spesso però guardavo il soffitto fantasticando di essere quella che non ero e stavo male per questo. C’è stato un periodo che pensavo a quale poteva essere la morte meno dolorosa ed istantanea. Ripetere ossessivamente  determinati comportamenti mi faceva stare bene, perché mi dava sicurezza e mi toglieva l’ ansia.

Tutte le mie insegnanti dicevano che “avrei potuto fare di più perché intelligente ma non mi impegnavo a sufficienza”. Le avrei volute vedere loro al mio posto! Sono sempre stata brava in matematica e geometria. Sono sempre stata capace di fare cose che le mie amiche non riuscivano a fare e mi hanno sempre cercata quando ci voleva il “colpo di genio matematico” ma si dimenticavano di me quando volevano uscire con i ragazzi. Però in fondo non mi dispiaceva più di tanto perché con il tempo ho imparato che è meglio stare da soli piuttosto che uscire con amiche che ti portano fuori come si porta fuori il cagnolino quando deve fare pipì.

Non è divertente rimanere impalate al loro fianco mentre loro chiacchierano facendo le “graziose” con il “tipo” che piace anche a te, o si leggono i messaggi del cellulare. Tu lì sola come una candela spenta, non esisti. Preferivo allora starmene seduta a casa e rimanere a far parte dell’arredamento.

Ricordo che ero la disperazione dei miei genitori che avrebbero voluto una figlia diversa. Cio’ mi faceva soffrire tantissimo. Soprattutto mia madre riversava su di me la rabbia perché ero la figlia che lei non avrebbe voluto.

Ora la mia consapevolezza  di essere Asperger mi ha aiutato a riallacciare un rapporto positivo anche con lei che è Asperger allo stato puro!

Sta di fatto che prima i miei genitori e poi io abbiamo trascorso anni infruttuosi alle prese con la medicina, la salute mentale e i sistemi scolastici, cercando risposte che non sono arrivate mai.

Ora mi rendo conto che probabilmente ho procurato loro una grande quantità di stress per i miei “insuccessi” e le mie “testardaggini”. Stress che forse mio padre ha retto meglio di mia madre. Fredda e impenetrabile. Forse perché troppo simile a me.

La sindrome di Asperger oggi è relativamente invisibile mentre in quel periodo storico non veniva assolutamente riconosciuta come sindrome. Non ci sono anomalie facciali, non c’è sedia a rotelle, non c’è nulla che si possa vedere fisicamente, ed è più facile far finta che non esista che vedere che c’è un disturbo.

Sono sempre stata trattata come una che ha problemi di salute mentale. Il mio disturbo non è mai stato visto come disturbo dello sviluppo. Ho fatto terapia cognitivo-comportamentale per i miei problemi psichiatrici concomitanti come il disturbo ossessivo-compulsivo e la depressione. Ora con la consapevolezza di quello che sono vivo molto meglio quella che sono.  

La speranza è che aumenti la conoscenza della sindrome Asperger così che chi ha questa sindrome sia diagnosticato fin da giovane e gli sia risparmiato tutto quel peregrinare infruttuoso che ho fatto io sballottata da uno psicologo all’altro.

Le persone Asperger hanno bisogno di acquisire maggiore autostima e sicurezza di sé. Perché io sono e quindi valgo. Usiamo la nostra genialità e la nostra diversità per emergere e non per amalgamarci sempre di più con i neurotipici.

Allora ogni mattina davanti allo specchio c’era una giovane adolescente che aveva difficoltà a mostrare i propri sentimenti, che non riesciva a controllare le emozioni che rischiavano di esplodere dentro di lei e si trasformavano in acne in viso.

Oggi c’è invece una donna consapevole di essere Asperger. E’ tutta una questione di strategia ed atteggiamento mentale. Aiutare le persone Asperger a capire che l’altro lato del nostro difetto è un pregio fa aumentare la nostra autostima e ci rende migliori.

Orgogliosamente Asperger.

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lunedì

Una giornata tipo di un Asperger tendente al depresso



Sembra facile ma vi assicuro che non lo è. Vivere da Asperger tutti i giorni per 365 giorni all’anno è dura ma ha anche i suoi lati positivi e proverò con questo racconto a darvene un assaggio.
Di solito la sveglia suona alle ore 7, ma il mercoledì mattina è l’unico giorno della settimana che la sveglia suona alle ore 6.30. Deve infatti arrivare il camion del biologico locale a portare i prodotti del punto “Beifiori”. Tutte le persone Asperger hanno un  “interesse speciale” ed il mio è quello di distribuire frutta e verdura biologica.
Mi alzo. Faccio il letto. Metto i cuscini vicino ai guanciali del letto. Tutto nella mia stanza richiama le stesse tonalità di  color pastello: tortora, marroncino, e verde prato, come deve essere una casa di campagna.
Mi vesto con gli indumenti pensati e preparati la sera prima ed apro la finestra per cambiare l’aria nella stanza.

Nel frattempo vado in bagno per tornare dopo pochi minuti con la camera a posto. Lascio sul letto la borsa e le scarpe che metterò prima di uscire.
Vado in cucina e faccio il caffè, preparo la scatola dei biscotti integrali, per me e mio marito. Per lui metto la sua tazza preferita, per me il mio latte di riso e miele, e mentre il caffè sale mi prendo i miei soliti integratori. Tutto pensato, con una routine stabilita da tempo che non mi fa dimenticare nulla.
Sono le 7.30 ed il camion non è ancora arrivato. Vado già in ansia.
Mi alzo, leggo il menù che mi sono fatta per questa settimana e  cancello dall’elenco delle cose da comprare il formaggio. Rileggo quello che c’è scritto e vedo confrontando la lista con il menù che non ci sono altri prodotti alimentari da aggiungere. Posso rimettermi seduta, sono contenta di essere così precisa e schematica. Così ho superato la mia incapacità di organizzare i pasti della settimana e così evito di andare in ansia perché non so’ cosa fare da mangiare e andare a fare la spesa ogni altro giorno nonostante il frigorifero pieno di alimenti.
Ma perché il camion non è ancora arrivato? Scendo per anticipare i tempi. Ormai dovrebbe arrivare. Non riesco più ad aspettare. Nel frattempo porto fuori le cassette da restituire.
Finalmente è qui. Aiuto a scaricare le cassette piene e faccio portare via quelle vuote. Ora posso andare al lavoro.
Mi sono dimenticata di salutare. Maledizione! La prossima volta mi devo ricordare di dire “Buongiorno” e sorridere. Le persone non-asperger salutano sempre alla mattina anche se sono incavolate con il mondo ed io desidero essere come loro.
Vado con la mia piccola seicento, facile da guidare; che si avvia sempre al mattino anche se c’è il ghiaccio per le strade; che accetta il mio partire in seconda e dimenticarmi di scalare le marce; che non mi lascia mai a piedi nonostante le mie distrazioni al volante; che non mi fa pesare il fatto che non amo guidare ed odio il traffico. Quando guidi infatti gli altri non sono prevedibili e non sai mai chi può venirti addosso. Troppe cose si devono fare contemporaneamente quando si è al volante ed io vado spesso in confusione.
Arrivo al lavoro. Timbro e salgo le scale. Ora però ci penso e mi ricordo di salutare e di sorridere tutte le volte che incrocio un collega. Non voglio essere scambiata per un’associale.
Apro l’ufficio ed apro la finestra dell’ufficio.
Metto giù le borse e vado in bagno per vedere se sono in ordine. Mi guardo allo specchio e mi metto in ordine perché in ufficio bisogna essere presentabili. Faccio la pipì perché chissà forse dopo non ho il tempo di farla quindi è meglio farla subito così mi tolgo il pensiero.
Chiudo la finestra dell’ufficio ed accendo il PC, inserisco la password e guardo la posta.
Il mio responsabile entra in ufficio in modo vulcanico e quasi sobbalzo nella sedia. “Ci sono due corsi da inserire e fare le Card”.Continua: “Possibile che il giorno 12 il docente non risulta che aveva fatto il corso?” .
Parla al telefono con una mia collega e sbraccia tutto agitato:“Questo si chiama falso in atto pubblico”.
Continua con lo stesso tono: “Ma chi può aver firmato al suo posto?”.
“E’ arrivato il caos”. Penso: “Il mio responsabile lo porta sempre con sé”.
Faccio tre bei respiri profondi, diaframmatici e prendo la cartellina del corso archiviata con ordine. A volte ci vuole poco. Basta un po’ di classificazione dei corsi e si capisce dove sta l’errore. Ripenso alla confusione che c’era in archivio prima che io arrivassi. Oggi ogni corso ha nella prima facciata della cartellina un indice del contenuto ed un richiamo al contenuto nel PC. Mi trovo a lavorare con questo ritmo fino alle ore 15.
“Forse perché non sono capace di dire di no?” Penso. “O forse sono io che esagero!”.
“Non lo so’ certo è meglio aver fatto pipì subito!”.
Risalgo in macchina felice di aver chiesto un part-time sul lavoro perché questo mi permette di vivere delle mie passioni.
Tornata a casa controllo le cassettine dei clienti, le completo con la carne biologica e telefono al mio referente di zona perché ho visto subito che mancano le arance.
“Che stufo che sono che manca sempre qualcosa!”. Borbotta.
“Per forza! C’è scritto troppo piccolo il codice nella cassetta, quindi ci si sbaglia! Bisogna attaccare un bel codice grande!”
“Si, dobbiamo farlo!” Borbotta di nuovo. “Perché alla mattina presto è facile prendere una cosa per un’altra se non è tutto chiaro”. Sento che l’errore mi crea confusione e mi fa sentire imperfetta anche se non dipende da me, quindi cerco di non pensarci e riattacco la cornetta.
Arrivano i clienti uno dopo l’altro. Questo mi fa stare bene. Invece provo molta tensione quando arrivano i clienti delle arance che mancano e il mio referente non è ancora arrivato. Mi trovo con 3-4 clienti Bioloc nel corridoio. “Non va bene! Ma
non devo andare in panico!” Mi dico, e vado in bagno chiedendo di scusarmi per un attimo.
Con dei bei respiri profondi, diaframmatici faccio un po’ di training autogeno che mi ridà quella calma che stavo perdendo e torno tra la folla. “Ci vorrebbe un bel aperitivo mentre aspettiamo l’arrivo delle arance”. La tensione ormai è svanita. Si sorride e si parla un po’ fino a quando finalmente arrivano queste benedette arance ed i clienti se ne vanno portandosi via un po’ di ansia.
 Per rilassarmi mi butto su un’altra mia passione: La cucina.
Quindi preparo la cena con quello che avevo già programmato: delle polpette di carne biologica ed un’ insalatona mista con semi di sesamo e girasole.
 Le figlie vengono a casa ad orari diversi e quindi la tavola rimane apparecchiata per ore ed ore. Siamo soli, io e mio marito, ma la cosa sembra non dispiacere ad entrambi.
E’ stata una giornata intensa, con qualche imprevisto e difficoltà da superare ma che in fondo si è conclusa bene.
Sì in fondo non è male essere Asperger!
“Noi Asperger non saremmo dei bravi organizzatori del lavoro altrui ma mi sembra che anche i neuro tipici fanno delle cappelle mostruose!” Dico a mio marito ridendo “Però la nostra precisione nel fare le cose, ed il nostro attaccamento ai nostri interessi speciali ci rendono preziosi, per quei datori di lavoro che cercano persone regolari precise ed appassionate a quello che fanno. La combinazione migliore è che il nostro interesse speciale sia il nostro lavoro”.
Buona vita a tutti!
Sasso Luigia
Orgogliosamente Asperger

Orgogliosamente Asperger



Ho scoperto il mio essere Asperger a 53 anni (un anno fa ) ed ancora non sono completamente cosciente di quello che sono. E’ un percorso che spero mi porti sempre di più ad una vita un po’ più serena di quella che è stata la mia vita trascorsa.
E’ stata la grande voglia di conoscersi dentro di mio marito per cercare di superare i suoi problemi personali e sociali che poi ha portato ad un percorso di crescita suo e mio.
Prima di allora io pensavo che un disturbo dello spettro autistico non potesse mai riguardarmi e non sapevo neanche cosa significasse la parola “Asperger”.
Mio marito, grande studioso, dopo molte ricerche ha fatto un test su internet che riguardava la sindrome di Asperger. All’inizio del test c’era scritto molto chiaramente “Se i risultati del test indirizzano verso la sindrome di Asperger la diagnosi deve comunque essere confermata attraverso valutazioni supplementari da parte di uno psicologo specializzato nella sindrome stessa”. Così fece.
Dal test risultava una percentuale molto elevata di sintomi quindi andò da una psicologa di Verona la quale gli confermò la diagnosi.
Abbiamo iniziato a parlare di questo ma il mio atteggiamento era quello tipico del familiare che stava vicino al “paziente” ma non voleva essere coinvolto più di tanto sul fatto.
 Poi, un giorno, ho accompagnato mio marito ad un convegno tenuto da David Wolfgang Vagni ad Udine, e lì ho iniziato a sospettare qualcosa.
Il convegno è stato molto interessante. Il relatore era un tipo un po’ particolare molto bravo a parlare perché coinvolgente ed empatico. Si muoveva avanti ed indietro nel suo palcoscenico con molta naturalezza e spontaneità riuscendo ad attrarre gli sguardi delle persone.
Io stessa mi sono trovata a prendere appunti ed a fotografare le slides con molto interesse.
In Azienda vedevo spesso dei relatori perché uno dei miei compiti è quello di preparare le sale (audio, microfoni, luce ecc.) per i convegni.
Ma ero abituata ad uomini (95% erano maschi ) in giacca e cravatta che si mettevano dietro al leggio e presentavano le loro diapositive con paroloni altosonanti ed un pubblico che in modo assente ascoltava questi lunghi paragrafi di frasi contorte.
Fermi, senza nessuna partecipazione emotiva.
Vedevo il pubblico che faceva fatica a non abbassare la palpebra e quindi io lasciavo la luce accesa per non agevolare questo riposo non consentito dal lavoro.
Con il Dott. Vagni invece la situazione si presentava nettamente diversa. Portava una lunga chioma rossa legata con un laccio dello stesso colore e riusciva a tener vivo il pubblico anche per le sue battute ogni tanto spiritose e per la sua capacità di raccontare.
Io nel frattempo prendevo appunti su che cosa era la sindrome di Asperger e dentro di me pensavo “Questo ce l’ho anch’io” oppure “Anch’io sono così!”
Nei giorni successivi tornai alle mie faccende lavorative e domestiche, come se non volessi piu’ pensare a questo fatto fino a quando Raffaele insistendo mi invitò ripetutamente a fare il test. Lo feci forse per accontentarlo.
Fu così che ebbi la conferma che anch’io ero asperger.
Andai dalla stessa psicologa di Raffaele per avere o meno la conferma dei  risultati del test.
Alla fine la diagnosi fu confermata e mi sono trovata anch’io a far parte del “club”.
Ora sono orgogliosa di essere quella che sono anche perché non esiste un comportamento “buono” ed uno “cattivo” da cambiare (come avevo sempre pensato) ma tutti abbiamo dei comportamenti “diversi” a seconda del nostro patrimonio genetico e delle nostre esperienze di vita.
Questo vuol dire comunque cercare di migliorarsi, ma con un atteggiamento diverso. Non c’è niente di sbagliato in me e non mi devo nascondere perché “difettosa”. In me ci sono delle qualità che vanno evidenziate e dei difetti che vanno “controllati” in modo che non danneggino i miei rapporti sociali.
Scrivo ora per cercare di aiutare le persone in modo da non avere anche loro una diagnosi a 53anni e passare il maggior tempo della propria vita con la paura di essere sbagliati e l’ansia di dover “rimediare” a questo errore ad ogni costo!
Buona vita a tutti!
Orgogliosamente Asperger

giovedì

Spaghetti vongole ed acetosella


Ingredienti: 500 g. di spaghetti,
200 g. di vongole sgusciate,
aglio, olio, un mazzetto di acetosella e sale,
Fate scongelare le vongole conservando il loro brodo naturale.
Mettete in una casseruola un poco d'olio e uno spicchio d'aglio e fate rosolare per un paio di minuti. Aggiungete le vongole, l'acetosella tritata e il brodo prima di terminare la cottura. Cuocete a parte gli spaghetti, salandoli. Scolateli e fateli saltare in padella con il sugo per pochi minuti.
Prima di servire in tavola, (facoltativo) cospargete con abbondante formaggio gratugiato.

lunedì

Non e’ proprio smettere di lavorare, ma a febbraio lo sara’ un po’ di piu’

Controllando il calendario, ho calcolato che tra part time, festivita’ e ferie, nel mese di febbraio  lavorero’ solo 12 giorni !
Sassari il giorno di San Valentino
E tutto cio’ prendendo solo 7 giorni di ferie. ,)

Non e’ proprio smettere di lavorare, ma a febbraio lo sara’ un po’ di piu’.


Ora la domanda e’ : come posso impiegare al meglio i miei giorni in cui saro’ libero dalla schiavitu’ del lavoro ?


Voglio usare bene tutto questo tempo per aiutare mia marito e le mie figlie, ma anche per fare passi in avanti verso la liberta’ finanziaria.

sabato

La felicità è già qui

Fra pochi giorni vado in Sardegna. Sono felice per questo. Inoltre oggi con Anna e Rachel andiamo a casa Betania. Sono felice anche per questo.

Mi sono sempre affannata per tutta la vita, ho corso e inseguito qualcosa, come se volessi comprare tutto.

Volevo arrivare alla felicita’ pensando che sia lontana e che un giorno ci sarei arrivata…ma in quel momento non avevo tempo. Solo ora a 54 anni sto rallentando.
Noi tutti spesso siamo troppo concentrati a correre per raggiungere la felicità che non ci accorgiamo che ce l’abbiamo DAVVERO a portata di mano…ce l’abbiamo sotto il naso ma non la vediamo perche’ siamo troppo impegnati a cercarla chissa’ dove…come se fosse una cosa che riusciremo ad avere in un futuro lontano…e ci auguriamo di arrivarci quantomeno prima di morire.

Ora invece ho deciso che è arrivato il mio momento. Sì proprio a me! Ne ho il diritto senza sensi di colpa. Certo! Ehi, dove stai guardando ? Sto parlando con te cara mia.
Non cercare lontano, dammi retta, ascolta il tuo cuore, non guardare l’orizzonte infinito, punta il tuo sguardo sulle cose che i tuoi occhi vedono. E’ qui la felicità.
Non cercare di captare suoni dallo spazio, lascia che le tue orecchie lavorino per te.

Ascolta le persone che ti vogliono parlare !
Ascolta chi ti vuole bene.
Ascolta te stessa.

Ragiona col cuore.

LA FELICITA’ E’ GIA’ QUI.
QUESTO BLOG NON E' UNA TESTATA GIORNALISTICA: VIENE AGGIORNATO CON CADENZA CASUALE A SECONDA DEGLI UMORI DELL'AUTRICE. PERTANTO NON E' E NON VUOLE ESSERE UN PRODOTTO EDITORIALE, AI SENSI DELLA L. 62 DEL 07.03.2001, BENSI' UN SEMPLICE DIARIO PERSONALE E CONDIVISO DI CHIACCHERE IN LIBERTA'. Ogni persona o luogo citato nei post/racconti del diario è da considerare frutto di fantasia e se corrisponde a persone o fatti accaduti ciò è puramente casuale.