venerdì

Così siamo vittime dell'usura

Sono andata a trovare mia madre e farle gli auguri di buon anno e dopo tanti anni dalla morte di mio padre mi ha  raccontato quello che è stato il suo dramma.
"Prima i prestiti che non si riuscivano a coprire, poi il  finanziamento di alcuni “amici usurai” e dopo minacce e attentati. Alla fine tuo padre è stato costretto a vendere la cooperativa agricola per un pugno di mosche".
Assegni in bianco compilati dall’usuraio di turno. Minacce, intimidazioni, danneggiamenti. Interessi del 10% al mese, poi gli interessi sugli interessi. In una spirale senza fine, fatta non solo di paura, ma di rovina finanziaria, con la chiusura della cooperativa le banche che avrebbero presto proceduto ai pignoramenti, la depressione che non ha fermato gli “strozzini”, ma anzi ha incattivito la loro pressione. Una sensazione di abbandono da parte delle amicizie, delle istituzioni e della politica che rende il precipitare nel baratro ancora più amaro.
Accade in provincia di Verona, dove nel buco nero dell’usura era  finito mio padre imprenditore e commerciante agricolo.
“Dopo tanti anni solo adesso sono in grado di raccontare quello che è successo”.

Mia madre nel racconto fa molte pause, ma la voglia di incriminare e di far sentire la propria voce è forte.
Quando i debiti con le banche aumentavano e i soldi non erano più sufficienti a saldare i conti, entrarono in gioco un gruppo di 4 strozzini disposti ad “aiutare”.
A fronte di un prestito di molti milioni di lire, mio padre ha dovuto restituirne 4 volte tanto la somma ed ancora non bastavano.
Una situazione insostenibile, per lui che è stato costretto a vendere l'attività.
 Ma dalla banda di usurai, non si sfugge facilmente.
 «In estate subisce il primo incidente in auto, entra in depressione, anni di lavoro persi e davanti agli occhi solo devastazione».
«Non avevamo  più un soldo ».
Dopo l’ incidente, il nulla.
Un silenzio inquietante, «montava la paura, non pagando gli strozzini gli aveva dichiarato guerra». E a giugno un secondo incidente e si rompe (o gli rompono) un braccio.
«Riceve altre minacce, vogliono che venda la casa dove abitiamo io, lui, le tue sorelle e tuo fratello ma lui non vuole vendere tutto, non vuole buttarci in strada. Per il momento sembrava aspettare».
Sentendo mio madre gli usurai erano legati tra loro. Un gioco criminale a tre, mortale per mio padre.
 «Ha ricevuto anche minacce del tipo: se non paghi ti uccido tuo figlio». E le minacce proseguono: intrusioni nell’abitazione, gomme bucate, maltrattamenti. «Continuava a subire ogni cosa, anche perché la depressione aumentava, ogni singolo avvertimento lo buttava sempre più giù».
Passano i giorni e non si sente più nulla. Torna il silenzio agghiacciante di prima. «La solitudine uccide come la paura», mi racconta mia madre.
E gli usurai continuano a lavorare, mio padre no.
Dietro quegli usurai si possono celare interessi mafiosi? Di questo mia madre non ha la certezza,  non ha le prove, ma il dubbio c’è, in ogni caso è gente organizzata, che si mimetizza nel tessuto sociale. Invisibili e affabili.
«Poi, dopo la morte di tuo padre, sono arrivate le banche, che gli avevano prestato denaro per la cooperativa con la quale aveva fatto delle fideiussioni, nonostante sapessero della sua esposizione debitoria». E poi quelle banche, hanno chiesto il conto: hanno pignorato la casa.
La storia di mio padre è simile a tante altre storie di usura. La vittima è stata la mia famiglia oltre che lo stesso mio padre.
Per 10 anni ha perso soldi a usura. Con tassi del 10 per cento mensili, fino ad arrivare al 314% l'anno - 
perché ogni mese l'interesse si somma al capitale, e diventa fruttifero.
La fregatura degli interessi composti, si chiama, e bisogna mettere  tutti in guardia dal cascarci.
«Tenere in mano la situazione è impossibile, difficile è resistere e non ammalarsi».È determinata mia madre che ha deciso di raccontare la sua storia, ora la stimo molto più di prima.
Parla veloce, e fa lunghe pause per deglutire la saliva, ha un mare di rabbia da sfogare. «L’aspetto tremendo è che non solo si pagano gli interessi stabiliti, ma gli interessi degli interessi, diventa un circolo dal quale è impossibile uscire». Dietro la disperazione di una famiglia vittima dell’usura  c’è un’organizzazione criminale vasta e articolata, che opera non solo nelle città del sud ma anche al nord e provincie, e miete vittime su vittime. «Sono persone normalissime, discrete, utilizzano come punto di riferimento un luogo che è sempre lo stesso».
Tuo padre andava spesso a casa dei suoi aguzzini; delle persone “normali”, li definisce mia madre. «Se li  incontri per strada non diresti mai che sono dei boss dell’usura». Non sfoggiano bolidi, o simboli di potere particolari.
Sono degli invisibili, anche loro. «Il tono delle richieste con il tempo si facevano sempre più aspre quando ritardavo con i pagamenti».
«Come lui a Verona ce ne sono altri di imprenditori vittime che continuano a farsi succhiare il sangue, c’è un mondo dietro questa disperazione». L’imprenditore è stato adescato tramite un caro amico, poi quando i prestiti crescevano di entità è arrivato il pezzo grosso.
Gli chiedo cosa pensa di chi continua a credere che le mafie siano un problema marginale nel Veneto, la risposta non si fa attendere: «Ci sono zone della provincia dove lavorano solo loro». Alla politica e allo Stato tutto questo traspare, «le banche non gli hanno più dato i soldi per andare avanti, e si è trovato in mano alle organizzazioni mafiose». La paura di fallire rende schiavi. «E piuttosto che fallire si è rivolto a questa gente».

Trova tutto quello che è successo ingiusto, ammette. Oltretutto lo Stato gli ha pignorato la casa. «Se non fosse stato per le figlie non avrei mai denunciato, la burocrazia e l’umiliazione sono mortali per il coraggio».

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