Oggi non riesco ad essere positiva.
Sono andata a prendere il treno per andare al lavoro ed ho
incontrato, dopo un anno Paola, diventata ormai una donna senza speranza.
Sono salita in treno e mi sono seduta davanti a lei. Paola è
una ragazza di trentacinque anni che avevo conosciuto nell’ azienda per la quale
lavoro e ha perso il lavoro un anno fa. Sempre disponibile e gentile,
professionalmente preparata una laurea in giurisprudenza uno stipendio che non
arrivava nemmeno a mille euro e poi STOP. Aveva partecipato all’avviso di borsa
di studio (che si ripeteva ormai da quattro anni) e come ogni anno l’aveva
vinto.
L’anno scorso però, con la nuova amministrazione, sono
cambiate le cose e il Direttore Generale ha deciso di rivolgersi ad una agenzia
interinale. E’ l’agenzia che quindi ha assunto e lei che aveva da poco superato
i trentacinque anni era troppo vecchia per essere assunta. I vantaggi del
lavoro interinale per le imprese sono evidenti. L’ente ULSS è un’azienda come
un’altra che segue le leggi di mercato.
Le aziende che
prendono in affitto il lavoratore, esternalizzano di fatto una serie di attività.
Risparmiano sui costi amministrativi, sulla selezione e sulla formazione. Hanno
maggiore flessibilità e possono chiudere il contratto alla scadenza. Di più.
Possono rinnovare questi contratti per molte più volte di quanto non possano
con dipendenti con contratto a termine. Pagano le agenzie a 60-90 giorni con
vantaggi finanziari di “cassa”. Ai lavoratori interinali, poi, alcuni elementi,
come premi produttività o benefit, non vengono pagati. E per chi ha compiuto 35
anni? Non c’è nessuna speranza di trovare lavoro perché non vengono assunti:
troppo vecchi. Per Paola e per Loredana l’altra sua collega che a 50 anni è
rimasta a casa come lei in seguito a questo appalto “molto vantaggioso per
l’azienda” non c’è nessuna speranza.
E non sono sole. Luisa ha perso il lavoro due anni fa. Faceva
la cameriera. Undici anni di turni massacranti, uno stipendio da fame e poi
nulla. Paolo ha quasi sempre fatto l'operaio. Nel 2004 è stato licenziato dopo
dieci anni a tempo indeterminato. La ditta ha portato la produzione all'estero.
Da allora per lui, sei anni di contratti interinali mensili e chiamate con sms.
Oggi neppure quello.
Paola mi racconta che da allora, le ha provate tutte.
Migliaia di curriculum spediti, appuntamenti nelle piccole sedi delle agenzie
interinali e contatti personali. Niente da fare. Eppure, non ha i capelli grigi. E’ lontana dai cinquant'anni.
Non ha superato neppure i quaranta. Anzi forse il problema è anche questo
poiché alla sua “giovane età” potrebbe avere figli.
Scioccata la guardo incredula mentre lei mi racconta questo.
“No cara Luigia, non ti devi stupire, ormai non si fa che sentire di donne che
per lavorare in Italia devono rinunciare alla maternità, considerata un
freno alla produttività ma soprattutto un “peso” economico che le aziende non
si sentono di accollarsi. Effetto “solo” della crisi economica che ci
attanaglia ormai dal 2008? Sicuramente c’entra, ma il problema è che la disoccupazione
o l’inoccupazione (quella di chi ormai neppure ci prova più a cercarsi un
lavoro) sono diventate la piaga del nostro Paese a livello giovanile e a
livello soprattutto femminile.”
Ora per Paola, però, dopo aver perduto il lavoro, non c'è
più modo di rientrare.
La sua è una storia comune. In soli due anni, tra il 2007 e
il 2009, gli anni più acuti della crisi, l'esercito dei disoccupati è cresciuto
di 438 mila persone. Di questi, quasi un terzo ha tra 35 e 44 anni. Se è vero
che i giovani sono stati travolti dalla crisi, nella pancia inquieta
dell'universo dei senza lavoro, sono sempre di più quelli che hanno 35 anni (il
cinque per cento in più in tre anni). Non solo. Per loro, ritrovare un impiego
è sempre più difficile.
Se non impossibile. Per le imprese sono “bruciati”.
Preferiscono uno stagista. Da un lato i giovani non trovano lavoro, dall'altro
ci sono le persone con un'età che si abbassa sempre di più che fanno
altrettanta difficoltà a rientrare. Naturalmente più va avanti la crisi, e più
queste difficoltà si allargano anche a quelle categorie definite garantite come
i lavoratori a tempo indeterminato che hanno una scarsa scolarità o scarsa
professionalità”.
Mia figlia (anche lei disoccupata in cerca di lavoro) mi
dice “I primi ostacoli cominciano subito. Nonostante sia proibito per legge
fare discriminazioni d'età, in molte offerte di lavoro sui giornali e sui siti
web si indicano requisiti che riguardano gli anni dei candidati. Con limiti
ancora più stringenti di quanto non fosse qualche tempo fa. In questi giorni
una famosa catena di negozi di profumeria cerca degli store manager. Li assume,
purché non abbiano compiuto i 35 anni. Un'agenzia di lavoro seleziona operatori
di call center. Requisito: età tra 18 e 30 anni. Una società di sistemi
informativi vuole dei programmatori con meno di 27 anni. Come se non bastasse,
in molte di queste inserzioni viene riportata la dicitura: “Il presente
annuncio è rivolto all’uno ed all’altro sesso ai sensi della Legge 903/77 e
125/91 non ci sono limiti di età e né di nazionalità”.
Quasi una beffa. Ma tanto è.
Quando un posto si libera le imprese pensano prima a chi ha
meno anni. Poi, chissà.
Tutte queste situazioni hanno portato a incrementare la
disoccupazione, e molti giovani come Paola, pur essendo preparati nel loro
campo, non riescono a trovare posto.
L'agenzia interinale che non ha assunto Paola si trova a Verona, quindi, in
una realtà abbastanza ricca rispetto ad altre realtà italiane. La cosa che mi
fa più imbestialire è che stiamo parlando della SANITA’. L' agenzia che ha
vinto l'appalto per il lavoro interinale destinato agli uffici per fare queste discriminazioni si beccano i
finanziamenti con i soldi pubblici.
Infatti ricordo che questa ditta è vincitrice di una gara
d’appalto per la fornitura di lavoratori interinali di un’Azienda ULSS Veronese.
Paola era una delle collaboratrici
dell’Az. ULSS, che da 4 anni veniva chiamata regolarmente ogni anno a
lavorare presso l’ ULSS. Ora basta!
Nonostante fosse ormai in posizione utile in graduatoria,
l’anno scorso non ha potuto firmare il contratto a tempo determinato che
a questo punto della sua esperienza lavorativa con l’Agenzia sarebbe stato il
naturale passo.
In questa selezione del mercato del lavoro concorrono molti
fattori, alcuni strategici, altri umani. Le relazioni di amicizia o parentela,
per esempio, fanno la differenza. Inoltre è rilevante l’accumulazione di
capacità e esperienza. Racconta Paola “Ormai lavori e non ti pagano nemmeno.
purtroppo ormai ti propongono soltanto lavori del cavolo, ad esempio qualche
settimana fa trovai un' annuncio di un' associazione onlus che cercava ragazzi
che costringessero le persone a mettere le firme per aiutare le persone del
terzo mondo.
Ormai o si trovano lavori di questo genere oppure di porta a
porta, call center oppure lavori che sono molto lontani ad esempio stasera
dovrei andare a fare un colloquio a Montecatini che da Verona dista un sacco di
km e che ci vuole un sacco di tempo ad andarci. Sono esperienze che ho gia'
provato e so cosa vuol dire infatti una volta andai a fare un colloquio ad
Arezzo per capo reparto e poi non mi hanno preso quindi ho speso soldi inutili
per il biglietto del treno e la stessa cosa mi e' successa a Pisa, pensavo
fosse un lavoro amministrativo invece si trattava di fare un casting come
presentatrice e modella per la tv.
Ha ormai uno sguardo rassegnato quando dice “Spintarelle
politiche non ne ho, anche perché le agenzie alle quali mi sono rivolta sono tutte di
una città dove non sono nata nè ho parenti ma dove mi sono trasferita dapprima
per studiare, poi perché mi sono sposata e poi per sopravvivere lontana da un
paesino asfissiante della Liguria.”. Poi con uno sguardo rassegnato “Penso di
tornarci in quel paesino, almeno con i miei genitori riesco a sopravvivere”.
La sua amica seduta accanto a lei “Ho avuto anch’io una cattiva esperienza a fronte di tanti magri
risultati, con una ditta interinale. Mi candido come responsabile di sala (la
ristorazione è il mio settore e ho circa 3 anni di esperienza tra stagionali e
interinali) per un ristorante vegetariano. Mi contattano per un colloquio il
giorno dopo e io cerco di essere impeccabile, vado anche in biblioteca a
rinfrescare le mie conoscenze in merito a cucina vegana. Faccio il colloquio,
complimenti a profusione, gli sciorino tutta la mia esperienza e la mia
conoscenza in materia. Niente, il colloquio si è concluso dicendo "ma noi
cercavamo qualcuno di più giovane" quando nell'annuncio non erano
specificati limiti d'età, per altro anche mezzi illegali a quanto ho capito.”
Mia figlia mi racconta di Federica “E’ incinta e l’agenzia
interinale non l’assume. Accade sempre a Verona”
Del fattaccio si è resa responsabile un’agenzia
interinale.
In buona sostanza, il diritto al lavoro sicuro le è
stato negato per via della maternità.
“Discriminata perché incinta, politica e sindacato non se ne
curano” Tuono io piena di rabbia.
Ormai Federica non prova neanche a denunciare questo vergognoso caso di discriminazione.
“Non possiamo accettare che simili vergognosi comportamenti
si ripercuotano ancora a spese delle donne.”
Insisto io.
“Ma mamma! Ma in che
mondo vivi? Questa è la nostra realtà!”
“Certo!” Continuo, ”Fatti i dovuti accertamenti, la politica
ed il sindacato dovrà prendere una posizione netta e precisa affinché alle
donne in maternità sia riservato un trattamento almeno paritario nel
mondo del lavoro”.
Guardo mia figlia, orgogliosa della mia affermazione e la
vedo sorridere quasi avessi raccontato una barzelletta.
“Innanzitutto dalla Regione, dagli Enti locali, dalle
aziende dipendenti e dalle società partecipate deve venire un segnale forte nei
confronti di tutte le
imprese interinali: sia chiaro che mai potrà
essere instaurato né mantenuto in piedi alcun rapporto di lavoro con
quelle
imprese che praticano la più odiosa delle discriminazioni. In questo
senso la politica si deve impegnare, chiedendo che da subito sia ristabilito il
diritto al lavoro di chi è stato discriminato e, per il futuro, attuando
comportamenti che escludano dagli
appalti pubblici le ditte che non
offrono adeguate garanzie per le pari opportunità”.
A questo punto Elisa si fa una fragorosa risata per questa
sua mamma che troppo spesso fa la parte del Don Chisciotte in gonnella.
E’ vero! E’ proprio da Don Chisciotte sperare che denunciare
queste discriminazioni porti ad un buon fine per le future mamme,
protagoniste loro malgrado di tutti quei casi di discriminazione giornalieri. Ma
è ancor più da Don Chisciotte sperare di non dover più segnalare e vedere
vicende analoghe.
Sentendomi fuori tempo, mi rassegno a stare zitta.