sabato

Vivere per far si che si realizzi la mia identità


Dobbiamo far attenzione,  alle aspettative degli altri che spesso fingiamo essere  nostre ma in realtà non ci appartengono. Provare a mettersi nei panni degli altri è un’operazione che pochi sanno fare.
I miei  panni, infatti,  mi erano stati cuciti addosso dai miei genitori ed io non avevo condiviso  molte delle scelte che i genitori avevano preso per me.
Li ho  indossati come un manichino per anni finchè qualcosa dentro di me non ha iniziato a premere.
C’era in me  l’esigenza di trovare un mio stile, un mio essere donna. Avevo bisogno di ritrovare me stessa.
Tutto  si è fatto più pressante a quarantacinque anni quando la mia vita mi è apparsa di colpo per quello che era: un deserto in cui la “pianta di Caterina”, la mia pianta interiore, non poteva fiorire.
 Come nutrire quel deserto che sentivo dentro e sbocciare?
Per tutta una intera settimana mi sentìi strana poi nel buio tra le lenzuola finalmente piansi.
 Ecco le lacrime mandate da una “provvidenza” interiore che sa sempre cosa mi serve.
Ecco  le lacrime che bagnano la mia anima in fin di vita assetata di conoscersi.
 Una improvvisa tristezza mi ha fermato e mi ha separato dalla routine quotidiana.
Ecco le lacrime che mi hanno  messo di fronte a me stessa.
Tutte quelle lacrime non sono  state  un  semplice intoppo ad una carriera di successo, come ha pensato  mia madre.
Madre ,  che in buona fede rivoleva subito indietro la sua figlia efficiente, a colpi di psicofarmaci.
Tutte quelle lacrime sono state un’occasione da cogliere al volo per far rinascere la mia  originalità, il mio essere unica ed irripetibile.
Io infatti  in quella notte liberatoria ho avuto l’intuizione giusta:
 Sparire.
Quel sabato mattina, fui svegliata  da una specie di impulso improvviso che mi  spinse ad alzarmi e a prepararmi per SPARIRE.
 Misi un po’ di canotte e dei pantaloni in una valigia e la lasciai cadere fuori dalla finestra. Poi come se niente fosse andai  in cucina.
-          Come mai già sveglia Caterina? – disse mia madre. – Oggi è sabato.
-          Sì, ma mi ero dimenticata di dirti che ho un impegno, - risposi  tutto d’un fiato, senza sapere neppure ciò che dicevo.
-          Ah, e dove vai?
-          Da un’amica che abita un po’ lontano. Non tornerò a pranzo.
Perché avevo parlato così? Io non ho nessun impegno, con nessun’amica.
Eppure uscii, presi la valigia,  salii in macchina e partii.
Mi sentivo tesa al massimo,  desiderosa di arrivare alla mia meta, anche se in quel momento non sapevo affatto di che meta si trattasse.
Sapevo solo che c’entrava il mio pianto, che me ne sarei andata al mare, che lì mi aspettava finalmente qualcosa d’importante.
Macinai chilometri su chilometri, strada su strada, e mi pareva che qualcuno mi guidasse.
Seguivo l’impulso che mi aveva spinto, quel mattino, ad alzarmi ed a mettermi in viaggio senza sapere esattamente per dove.
Avevo perfino finto di ignorare la domanda di mia madre, quando mi aveva chiesto in quale luogo preciso stessi andando.
Non lo sapevo neppure io!
Arrivai al mare dopo qualche ora
Parcheggiai l’auto in una piccola piazza che non avevo mai visto, poi mi avviai verso la spiaggia. Ormai la stagione volgeva al termine e non c’erano quasi turisti. In particolare il tratto di spiaggia dove mi trovavo era deserto. Sentivo il cuore in gola mentre mi avviavo, con passi sicuri, e potevo vedere il mare, gli scogli, animata da una sensazione di speranza, di gioiosa aspettativa.
Mi pareva addirittura di riconoscere quei luoghi, pur sapendo che non vi ero mai stata prima.
Vidi un bel scoglio più grande degli altri e mi arrampicai.
Arrivai sin quando l’acqua incominciò a lambirmi le caviglie, avevo lasciato le scarpe in riva al mare.
Ero sorpresa.
Mi guardai attorno.
Mi issai sullo scoglio, chiusi gli occhi, come in attesa.
Ad un certo punto vidi una donna avanzare verso di me. Capelli corti, occhi neri figura magra.
-          Anche tu una turista ritardataria?
Quella voce mi fece sobbalzare.
-          No, sono qui solo oggi, od almeno credo … diciamo  turista improvvisata … - balbettai.
La guardavo, stupefatta di tanta bellezza anzi direi  eleganza tra quei lineamenti marcati, in preda ad una emozione inspiegabile, col cuore che mi batteva all’ impazzata.
-          Ogni  mattina io vengo  qui per ammirare questo tratto di spiaggia e questo scoglio … e poi in realtà aspetto che si avveri la leggenda ….
-          Come ? - trasalii
-          Non sai della leggenda? – disse sorridendo felice di aver attirato la mia attenzione.
-          Quale leggenda?
-          Tempo fa, proprio all’ inizio della stagione, ero venuta qui sola, ed un pescatore mi ha raccontato di una leggenda e diceva che avrei incontrato qui la donna della mia vita, basta solo avere pazienza, crederci ed aspettare perché questo sarebbe accaduto.  Infatti non accade a tutti ma solo a chi ci crede veramente ….
-          Ma cosa stai dicendo ? – dissi accompagnata da una fragorosa risata!.
Ridemmo entrambe come se fossimo amiche da sempre.
-          Piacere sono Tania
-          E io Caterina, piacere.
Ci stringemmo la mano . Sentivo accanto a me una presenza forte, viva e rassicurante, pronta ad aiutarmi.
-          Allora non conosci la leggenda che si racconta di quel scoglio?
-          No non la conosco …
-          La leggenda dei due amanti della scogliera, che  sono morti qui, dicono per mano del marito di lei  che sessant’anni fa uccise entrambi in seguito ad un attacco di gelosia.  Un uomo potente del tempo passato che non fu mai accusato di niente e che per questo la loro morte fu sempre rimasta inpunita. Perlopiù viene considerata solo una diceria. Eppure qualcuno ci crede davvero.
-          E dove sono morti?
-          Proprio lì dove sei seduta tu ora. Poi trascinati dalla corrente il loro corpo non è stato più ritrovato. Quando c’è vento dicono che si senta ancora l’eco delle loro voci o meglio delle loro grida qui tra gli scogli perché il loro spirito è rimasto qui nel luogo del loro amore e luogo della loro morte. Quello spirito che fa si che chiunque si sieda sopra quello scoglio riesca a guardarsi dentro ed a trovare il vero amore.
-          E tu ci credi?
-          Io ? donna del ventunesimo secolo, ho voluto crederci. Sarà che vivo nel passato, visto che sono una bibliotecaria e mi occupo di antichi volumi; sarà che sono una persona sensibile ai misteri del passato, ma … mi piace credere che sia così.
Ero frastornata, mi pareva di vivere in un sogno.
Gli raccontai molto di me, della mia fuga, del mio fidanzato che ormai non amavo più, delle mie sensazioni strane, dei miei pianti , via via sino a quell’impulso che quel mattino mi aveva spinta a mettermi in viaggio.
Lei mi sorrise e mi parlò anche lei di se’, della sua solitudine e tristezza e delle sue fantasie.
Tania era una bella donna, dimostrava qualche anno più di me e possedeva uno sguardo magnetico, che mi attraeva terribilmente.
Parlammo molto, durante il pomeriggio ed il giorno seguente ancora e poi il giorno dopo ancora.
Finalmente mi stavo liberando di quel peso e di quelle catene che mi portavo dentro.
Finalmente parlando della mia vita arida come un deserto  ero riuscita a piangere di nuovo e poi a ridere per rifiorire dentro.
Fuggire dai miei  genitori, che avevano riposto su di me troppe aspettative è stata la cosa giusta. Incontrare Tania e quel suo apparire e  dileguarsi mi ha mostrato come le lacrime stavano solo innaffiando il mio “terreno”.
Ora dopo tutti quei tramonti vissuti al mare con Tania e tutti quei bagni ristoratori  sta a me far crescere la pianta  della mia anima. Il gesto di allontanarmi  e di stare a guardare  quel mare  limpido  mi ha riportato alla vita .
Trascorsi quasi un mese accanto a quel mare, a quello scoglio ed a Tania e  in quei momenti “senza tempo” cambiai  mentalità e trovai  il modo di trovare finalmente un po’ di me stessa e della mia creatività lontano dalle mie passate  giornate vuote e cupe. Tania mi ha insegnato ad amare e  a vivere  per far si che si realizzi la mia  identità, la mia  unicità, non per diventare come gli altri, o come ci vogliono genitori e fidanzati ma per diventare come vogliamo noi.
Infatti la mia  identità  non  è importante  che sia un’identità “di successo”, così come voleva mia madre, ma  importa che mi faccia   sentire  a posto “nei miei  panni”.
Ora so guardare dentro di me e far vedere la Caterina che voglio  portare nel mondo. 

mercoledì

Camper d'epoca Fiat 238 (1980)

 Camper d'epoca Fiat 238 (1980)
2.000 € no trattabili.
Vendo camper FIAT 238  dalla Rimor, immatricolato nel 1980 e in buone condizioni meccaniche e discrete di carrozzeria (nessuna infiltrazione o ruggine strutturale, solo la vernice ormai vecchiotta).
Sono state recentemente cambiate:
- olio motore, olio cambio, antigelo, cinghie accessori e distribuzione
Il bagno non è dotato di scarico delle acque sporche (ricordo che è un modello di ormai 35 anni fa!) quindi c’è un bagno chimico  per poter fare campeggio libero.
- E’ dotato di impianto fotovoltaico da 100 W per mantener cariche le batterie, con centralina di controllo.
- Posti omologati nr. 4
- 3 posti letto nel camper ed una culla
- due plafoniere con lampade ad incandescenza 12 e 220 Volt
- una plafoniera è stata sostituita con una lampada fluorescente 12 Volt
- super accessoriato con riscaldamento (stufa a gas funzionante)
- piano cottura a gas - 2 fuochi
- frigo trivalente (gas, 12 e 220 volt)
- impianto a gas con bombole 3,5 Kg Camping Gaz - una bombola ancora sigillata in omaggio
- 2 batterie (una per l'avviamento ed una per i servizi), con ripartitore di carica e caricabatterie 220 v0lt permanentemente collegato
- impianto elettrico 220 Volt
- invertitore 12 Volt CC -> 220 V CA 150 W per uso occasionale
- radio digitale con mangianastri
- alimentazione motore impianto GPL (serbatoio sul tetto litri 35) + benzina
- dimensioni massime camper: altezza da terra mt. 2,40 / lunghezza compreso la cabina mt. 5,128 / larghezza mt 2,060
Telefonare allo  3457153230 per informazioni e visione del camper senza impegno, a ore pasti.
Per maggiori informazioni  Invia Email

martedì

Sul corriere della sera parlano di noi!! ... noi eravamo LI!


Dall'articolo:

C’è invece chi il matrimonio «vero» lo ha appena celebrato, come Luigia, 49 anni, e Raffaele, 50, arrivati per l’occasione da Verona, dove appena un mese fa si sono sposati con rito civile: «Siamo una coppia etero, entrambi tesserati Arcigay e volevamo assolutamente esserci per solidarietà, perché è giusto che tutti possano scegliere cosa fare della propria vita».

La citazione non è letterale - ma siamo d'accordo che tutte le coppie devono potersi sposare, e che siamo venuti a Bologna per solidarietà, ed anche perché volevamo ripetere quello che ci ha reso felici, cioè il matrimonio.

Speriamo che tutti voi siate presto altrettanto fortunati.
Visualizza traduzione


Matrimonio di massa al Cassero
Repubblica Bologna è su Facebook e Twitter

Settantotto coppie, la scorsa notte al circolo Arcigay Il Cassero di Bologna, hanno compilato le pubblicazioni, posato per le foto di rito e infine pronunciato il fatidico "sì", unendosi in matrimonio secondo il rito della "Libera repubblica del Cassero". Un matrimonio di massa, insomma, a metà strada fra la provocazione, la sollecitazione politica e la festa. L'iniziativa "Stasera mi sposo" è stata promossa dallo storico circolo bolognese per sollecitare la politica all'estensione del matrimonio civile alle coppie omosessuali. A sostenere la causa c'erano anche molte coppie eterosessuali. (Foto Borella/Eikon)

venerdì

Due complici, pure sorelle!!


Felice, mi sedetti sul divano godendomi lo strano silenzio che regnava in casa. Non c’era nessuno che litigava, niente musica assordante e nessuno che chiacchierava al telefono ad alta voce .
Questa sì che era vita!
Respirai profondamente godendomi quella tranquillità. Pure Fiocco, il nostro cagnolino, era stato portato fuori dalle figlie e non mi scodinzolava insistentemente, tra le gambe, chiedendo attenzione.
Pace.
Sorrisi pensando che avrei potuto leggere un buon libro in tutto relax, oppure mi sarei potuta guardare un po’ di Internet mentre aspettavo che le figlie tornassero dalla biblioteca del quartiere.
Quella mattina mi avevano detto che dopo la scuola sarebbero andate in biblioteca per fare una ricerca. Tutte e due dovevano fare una ricerca eppure frequentavano classi diverse, con insegnanti diversi ed immaginavo compiti diversi.
Ma! Facciamo finta di crederci!
Ne ero rimasta stupita infatti, ma avevo subito espresso la mia approvazione immaginando quelle ore di calma. Marika ed Eleonora erano le mie due figlie avevano quattordici e diciassette anni e negli ultimi tempi il nostro rapporto era diventato un campo minato.
L’adolescenza era un’età difficile.

Le mie due tenere bimbe con le treccine o la coda sbarazzina erano scomparse e al loro posto mi ero ritrovata due ragazzine a volte vivaci ed a volte imbronciate e scontrose. Le mie bimbe se n’erano andate assieme al cavallo a dondolo e alle bambole che prima riempivano la loro stanza. Ha iniziato prima Eleonora a quattordici anni ad interessarsi di vestiti e cosmetici e non si staccava un attimo dal cellulare. Poi l’ha imitata Marika che studiava la sorella molto più della matematica e ripeteva inesorabilmente tutto quello che la maggiore faceva.
All’inizio di questo cambiamento Marika ci provava ogni tanto a chiedere ad Eleonora di giocare ma la risposta era sempre la stessa.
- Non voglio! Io sono grande ora, perché non vai a giocare con la mamma o con qualche tua amica?
- Ma la mamma non sa giocare! non capisce niente di quello che vuole la Barbi e poi non è neanche capace di farla sedere! Cade sempre quando la fa sedere lei.
- Non voglio ti ho detto devo andare a portare fuori Fiocco, non vedi che gli scappa la pipì?
Effettivamente Fiocco, il nostro cagnolino, scodinzolava e saltellava tutto eccitato perché aveva capito che ora toccava a lui uscire.
- Vengo anch’io.
- No! Tu no! Tu resti qui a far compagnia alla mamma. Non vorrai lasciarla da sola?.
Mettendo giù la spazzola perché aveva appena finito di pettinarsi i suoi lunghi capelli castani, si metteva una matita nera sotto gli occhi e due orecchini grandi che si nascondevano tra i capelli. Una bellezza mediterranea resa ancora più luminosa da quel glass che si metteva sulle labbra che circondavano quei splendidi denti bianchi in quella bocca che sorrideva spesso maliziosa per quella piccola donna sbocciata forse troppo in fretta.
Ogni sera assistevo sempre alla stessa scena. Avete presente la canzone “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” ?. Uguale.
Eleonora aveva adottato lo stesso sistema solo che al posto del latte c’era il nostro cagnolino Fiocco, che inconscio della sua grande qualità di non saper parlare usciva tutte le sere gongolante.
Sorrisi tra me e me ripensando a quei comunque bei momenti.
- Magari qualcosa sarebbe cambiato prima o poi, pensai speranzosa.
Era la prima volta che le ragazze mi chiedevano di andare in biblioteca per fare i compiti e questo era già un buon segno . Forse stavano finalmente diventando persone mature.
Afferrai il mouse e sprofondai in poltrona per guardare la posta. Una mezz’oretta dopo, squillò il telefono.
Andai a rispondere un po’ seccata e distratta.
- Buonasera, - mi salutò una voce femminile.
- E’ lei la madre di Eleonora e Marika?.
Aveva fatto la domanda giusta per avere tutta la mia attenzione.
- Sì, sono io, mi dica, - risposi in ansia.
- Chiamo dalla biblioteca. Eleonora e Marika stanno disturbando tutti, qui. Ho dovuto mandarle fuori dalla sala lettura ma forse è meglio che venga a prendersele immediatamente.
- Che cosa fanno ?
- Parlano ad alta voce e si fanno beffe dei miei rimproveri. Inoltre … ecco, stanno tenendo un comportamento inappropriato con due ragazzi.
- Arrivo subito.
Presi le chiavi della macchina e uscii di casa furiosa.
- Ma come vanno d’accordo quando devono combinare disastri! Che stupida che ero stata a fidarmi di loro, - pensai mentre raggiungevo la biblioteca.
Le ragazze da ormai qualche anno avevano iniziato a crearmi problemi. “E’ l’adolescenza” Mi dicevo “Passerà… speriamo che passi velocemente!”
Sono bastati cinque minuti per arrivare! La mia seicento bianca funziona bene ancora ed ha capito quando deve correre!
C’era una signora a una scrivania all’entrata.
- Buongiorno, sono la mamma di Eleonora e Marika – mi presentai, vergognandomi un po’.
- Le sue figlie sono fuori nel cortile, - rispose la donna con aria di disapprovazione, mentre mi indicava la direzione in cui andare – Le ho mandate fuori perché continuavano a disturbare.
Annuii e tirai dritto, seguendo il suono delle risatine di Eleonora, che avevo riconosciuto.
Quello che vidi due secondi più tardi mi fece salire il sangue alla testa e se fossimo stati a casa avrei sicuramente iniziato a urlare.
Le ragazze erano sedute con sulle ginocchia un PC portatile e stavano guardando un sito di gossip. Marika cercava di accendere una sigaretta e rideva ed Eleonora era appollaiata in braccio a un ragazzo che gli cingeva la schiena con un braccio.
Mi davano le spalle, quindi non mi avevano ancora visto entrare nel cortile.
Una loro amica, che era girata verso di me, invece mi vide e cercò di avvisare Marika, ma ormai era troppo tardi.
Beccate!!
- Hai da accendere? – domandai a voce alta.
Il mio sguardo però era già acceso ed il mio corpo diffondeva scintille da tutte le parti.
Marika ed Eleonora fecero un salto per lo spavento.
Marika buttò via la sigaretta velocemente ma troppo tardi.
- E’ ora di andare. Raccogliete la vostra roba! - ordinai.
Si infilarono in fretta la giacca, nervose. Fissai entrambe con uno sguardo minaccioso.
- Non ti voglio più vedere con una sigaretta in bocca, Ci siamo capite?
- Va … va bene, - balbettò lei – è stata Eleonora a darmela.
- Brava furba! – E’ un anno che fumo e mamma non mi ha mai beccata – Tu furba come un coiote ti accendi una sigaretta e ti becca subito! Ma ci sei ? o ci fai? .
- Eleonora stai peggiorando sempre di più la situazione! – la rinbeccai.
- Ma una sorella scema mi dovevi fare? – e pure spiona! – aggiunse.
- Non riesco neanche a dirvi quanto mi avete delusa. Io mi sono fidata di voi, - le rimproverai aspra.
- Marika iniziò a piangere.
- D’ora in avanti farete i compiti sul tavolo in salotto, dove posso tenervi d’occhio, - aggiunsi.
- Non siamo due bambine, mamma – protestò indignata Eleonora. – Non puoi fare questo.
- Non vorrei trattarvi come due bambine, ma voi non mi lasciate altra scelta.
- Mi stai rovinando la vita ! – si lamentò Eleonora ed io non capivo se quell’espressione era riferita a me o a sua sorella.
Rimasi sveglia a lungo quella notte chiedendomi se per tutti fosse così duro essere genitore. Ero separata da quando quelle due complici ribelli frequentavano le elementari. A quei tempi fare la madre ed anche il padre mi sembrava più facile. Dove erano finite quelle dolci creature?
L’adolescenza me le aveva portate via. Amavo le mie figlie come prima, ma c’erano momenti che mi facevano sentire una fallita come genitore.
Come insegnare alle mie ragazze le regole e i valori nei quali credevo senza che la nostra casa diventasse un campo di battaglia?
L'ho capito con il tempo.
Nei giorni successivi  i problemi non sono mancati ma forse è cambiato il mio atteggiamento verso di loro.
Eleonora e Marika sono rimaste due adolescenti alla ricerca di se stesse. Ma adesso ho deciso di trattarle da persone mature anche se a volte mi chiedo se lo siano.
Nei giorni successivi infatti ho aperto il mio cuore alle figlie e le ho coinvolte nella gestione famigliare trattandole da adulte e non più da bimbe come facevo prima. Da quando il mio comportamento è cambiato hanno iniziato a crescere, regalandomi la cosa più bella che ci sia: l’amore e la serenità familiare.

martedì

Bulimia: la droga è nel frigo


è più forte di me, non riesco a smettere di mangiare

Finalmente Paola, la moglie di Giacomo, venerdì è uscita di casa ed è venuta a mangiare un risotto con noi del gruppo di amici.
Abbiamo dovuto insistere tantissimo io e Caterina perché con la chemioterapia che sta facendo si sente sempre molto stanca e depressa.
Spesso si lascia andare e rimane a letto tutto il giorno fino a sera per riprendere il giorno successivo uguale a quello precedente. Spesso l’unica uscita che fa è quella per venire in ospedale per farsi la chemioterapia.
Stranamente quel venerdì mattina Paola era con i tacchi e la parrucca ed io ne ho approfittato del fatto che stava relativamente bene per invitarla.
Paola, una donna piccola e magra si era sposata con Giacomo, un mio conoscente, solo quattro anni fa e già Giacomo la tradiva da due anni.
La cosa peggiore però non era tanto il tradimento ma il fatto che lui si vantava con tutti di quello che faceva a letto con l’amante per dimostrare a tutti che lui era un uomo “FIGO” poiché aveva sia la moglie che l’amante e con quest’ultima faceva pomeriggi interi di sesso sfrenato.
Per dimostrare quanto era bravo a letto, Giacomo raccontava un mare di frottole e descriveva nei particolari le sue imprese sessuali, non solo a me che ero sua amica e a volte complice ma anche sul lavoro ai suoi colleghi che loro mal grado dovevano accettare la sua presenza,... poi lo raccontava  alle donne delle pulizie, che non potevano scappare da lui perchè dovevano lavorare,... poi  ai veterinari...  ai medici ( ai quali chiedeva se era normale durare così tanto ed avere tutto quel vigore sessuale) insomma a tutti quelli che avendo un paio di orecchie  potevano sentire.
In realtà Giacomo, con quel comportamento, voleva nascondere un grande segreto che invece la moglie alla prima occasione mi disse:
“ Ce l’ ha piccolo piccolo che spesso non si riesce a vedere sotto quella massa di lardo che è la sua pancia e spesso non gli tira neanche!”.
Non l'avevo  mai sentita parlare così quella povera donna che forse fra qualche mese non vedrò più. Scoppiai a ridere in modo fragoroso : “Sì,” continua Paola “Sarà lo stress, o l’ansia non lo so’ ma spesso fa cilecca sotto le lenzuola!”.
Fin da piccolo Giacomo aveva sofferto delle piccole dimensioni del suo compagno pisellino!!!. Quando giocava a pallone e negli spogliatoi del campetto si doveva spogliare per farsi la doccia con gli altri della squadra spesso i suoi compagni lo prendevano in giro per le ridotte dimensioni del suo “pisellino”.
Questo succedeva un po’ perché madre natura l’aveva fatto con quel “cosino” in mezzo alle gambe un po’ perché era obeso ed in mezzo a tutta quella ciccia la piccola salamella si perdeva sotto la pancia così importante da fare due enormi pieghe.
Si perdeva così tanto che le sue braccine piccole non riuscivano a prenderlo in mano quando doveva fare pipì ed il suo sguardo non riusciva a vederlo nonostante lui tirasse il collo per questo.... ma niente! era troppo coperto da quella pancia enorme. Così era costretto a fare la pipì nel lavandino, oppure seduto come fanno le donne che hanno la fortuna di non doverlo prendere in mano. Non c'era verso, non riusciva a centrare il buco del water e farla in piedi come fanno tutti i maschioni come lui!!! 
Ma peggio ancora, non riusciva a farsi le seghe come fanno tutti quegli uomini che non riescono a trovarsi una compagna ed "usare" quella per fare ciò!.
Una tragedia che lo faceva soffrire moltissimo e che non poteva raccontare a nessuno.
Ad un certo punto della sua vita (alla fine dell’adolescenza, prima età adulta) gli era capitato di abbuffarsi a scrocco per la prima volta e, come spesso accade in questi casi, di vomitare ... poi ha  iniziato l’ uso di lassativi e diuretici, ha cercato di fare esercizio fisico ma in modo eccessivo, clisteri che gli hanno rovinato l'intestino, ecc.... Tutto ciò era iniziato quando Giacomo ed un suo amico erano entrati per una banale coincidenza in un ristorante con una squadra di calcio famosa. Avevano la macchinetta fotografica al collo e si sono messi a mangiare “a sbaffo” della squadra di calcio essendo stati scambiati come fotoreporter del gruppo. Così è successo una, due, tre, quattro volte ecc. Fino a quando, per un banale conteggio, sono stati scoperti.
La sensazione che provava era doppia: da una parte sollievo e dall'altra sofferenza.
Giacomo, la prima volta che gli era successo, aveva pensato di smettere e che non lo avrebbe fatto più. Aveva provato paura e ancora sensi di colpa e vergogna per quello che aveva fatto. Ma non riusciva a smettere. Era dipendenza non vizio come lui pensava. L'assunzione di cibo era eccessiva e frenetica spesso seguita da sensi di colpa , le "abbuffate" erano organizzate in segreto e consumate in solitudine proprio perché sapeva che non lo doveva fare poiché quando veniva scoperto riceveva rimproveri molto fragorosi dai suoi genitori.
Questo fatto incrementa le tensioni che già c’era con i suoi genitori che litigando continuamente altro non fanno che incrementare la sua stessa bulimia. Giacomo avrebbe voluto liberarsi di quello che lui considerava un “vizio” ma più tenta di farlo più la situazione peggiora. Quello che aumenta è soltanto la sensazione di impotenza fino a sfociare in sintomi depressivi.
Questo circolo vizioso che alimenta il problema della sua insoddisfazione lo fa spesso mangiare a dismisura. Inizia con la sua bulimia qualche tentativo autonomo di risolvere i problemi provocati dal cibo. Inizia a singhiozzo a conoscere e provare tutte le diete che ci sono in commercio, ma ciò non produce effetti positivi, anzi, aggrava la situazione.
 Poiché i sintomi sono prodotti dall'organismo stesso. Quando vogliamo razionalmente interrompere il processo dell'abbuffata o il circolo vizioso di abbuffata-vomito-condotte compensatorie ci troviamo a contrastare il nostro organismo generando un conflitto tra una tendenza autonoma dell'organismo di produrre i sintomi ed un tentativo dello stesso organismo di combattere i sintomi da egli stesso prodotto. In altre parole più si desidera smettere e più si pensa al cibo e più questo ti da frustrazione che ti fa mangiare per colmare quel senso di vuoto psicologico e di insoddisfazione. Si genera un paradosso che porta a dire alla persona "è più forte di me, non riesco a smettere". Non è questione né di forza di volontà, né di intelligenza in quanto il processo è di tipo psicofisiologico   

  Finalmente dopo tanto tempo e tanti soldi spesi per conquistare donne insensibili al suo fascino trova Paola, una donna che nonostante tutto impara a volergli bene ed ad apprezzarlo per la sua sensibilità.
Perché Giacomo in fondo era un uomo sensibile.
Sono bastati due anni e l’insoddisfazione della vita e la voglia di dimostrare a tutti che non aveva il pisello piccolo si sono fatti sentire.
Ha conosciuto una donna che vedova e con un figlio a carico le ha dato quel briciolo di affetto di cui aveva sempre  bisogno in cambio di un po’ di sostegno economico e la frittata è stata fatta! 
Le vie del piacere sono infinite, ognuno scelga la propria. Giacomo ha scelto il cibo, come consolazione ai dispiaceri della vita, come risposta allo stress quotidiano o come semplice momento di soddisfazione dei propri sensi. Fin qui tutto bene, ma se questa attività diventa più di un'occasionale abitudine, cioè una prassi, le cose si complicano, e vengono coinvolti meccanismi difficili da gestire.

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo (Gandhi)


Questa frase bellissima di Gandhi è per me alla base di ogni processo di crescita e miglioramento personale. Troppo spesso ci lamentiamo delle cose che non vanno, o ci lamentiamo degli altri. Lo stress? È sempre dovuto agli impegni, a qualcuno o a qualcosa. Per non parlare della qualità della vita, della salute e così via. I manager si lamentano dei propri collaboratori; i dipendenti si lamentano dei loro capi; i genitori si lamentano dei figli, i figli si lamentano dei genitori. Ci lamentiamo dei politici, del traffico, del sindaco, dei vigili urbani… C’è la crisi, non c’è lavoro, fa caldo, fa freddo… Smettiamola. E’ ora di guardare un po’ di più a noi stessi. Basta scuse, alibi, lamentele o giustificazioni. E’ il momento di assumersi la responsabilità della propria vita. Noi possiamo scegliere come rispondere agli eventi che ci accadono; possiamo scegliere come pensare, come agire, come essere. Possiamo influenzare l’ambiente. Un modo migliore di vivere è possibile. Le nostre azioni quotidiane troppo spesso sono determinate da abitudini consolidate, dalla routine o dalla fretta. A volte scegliamo qualcosa che a breve termine può sembrare appropriato o gratificante, ma alla lunga rivelarsi dannoso o spiacevole. Spesso ci illudiamo di scegliere, uniformandoci alla massa. Spesso siamo rassegnati e spenti, e mestamente continuiamo a fare le stesse cose tutti i giorni, a volte per paura di sbagliare, altre per paura del giudizio degli altri. Le opzioni possibili sono due: vivere come capita o vivere come si vuole. Sta a noi scegliere. Per non vivere in balia degli eventi, sballottati da quello che ci accade, occorre trovare dei punti fermi intorno ai quali organizzare la propria vita.. Partendo dalle fondamenta, dalle radici della nostra esistenza, dal nucleo profondo di se. Ad indicarci la direzione verso cui andare, sono i nostri valori. Tutto ciò che per noi è importante nella vita. Per vivere a pieno la propria vita, occorre lavorare su se stessi e divenire consapevoli dei propri principi guida. E’ su questo che dobbiamo costruire il nostro mondo. Rifletti attentamente sui tuoi valori. Scegli cosa è importante per te. Basa ogni tua azione, ogni decisione sui valori che ti appartengono. Non è facile, questo è sicuro. Richiede autodisciplina, impegno, costanza, determinazione… Ne vale davvero la pena.. La qualità delle tue giornate migliorerà giorno dopo giorno. Spesso incontro persone che leggono tanti libri, frequentano corsi, conoscono perfettamente tutte le tecniche di rilassamento e gestione dello stress. Ma questo non basta. Le azioni diventano incisive, congruenti ed efficaci solo se sono basate su principi solidi. Solo se avvertito come importante, il cambiamento potrà essere effettivo e stabile. Scegli chi vuoi essere, che tipo di vita vuoi vivere. E’ nel momento delle scelte che si determina il nostro destino. O sei tu a gestire gli eventi, gli impegni, il tempo, i pensieri e le azioni, o loro gestiranno te. Inizia con piccoli cambiamenti. Abbandona vecchie abitudini dannose. Lentamente. Concediti il tempo necessario affinché nuovi comportamenti più efficaci prendano il posto di quelli da modificare. Spesso sopravvalutiamo quello che possiamo fare in un giorno e sottovalutiamo quello che possiamo fare in un anno… Semina un pensiero e raccoglierai un’azione, semina un’azione e raccoglierai un’abitudine, semina un’abitudine e raccoglierai un carattere, semina un carattere e raccoglierai un destino. C. Reade Tratto dal sito Vivere RilassataMente

Il nido vuoto

Teodora è una mamma di un ragazzo di 25 anni e che viene al gruppo genitori che io frequento.
Ricordo tutta la sofferenza che ci ha raccontato quando dopo una vita dedicata al suo unico figlio questo si allontana sempre di più, per motivi di lavoro (lui dice) , e da Bologna decide di andarsene in Inghilterra.
“Sento molto forte il sentimento dell’abbandono” .
Teodora, abbassa gli occhi e poi guarda lontano quasi a cercarlo con lo sguardo. Quindi continua :
“Spesso mi chiedo se vale la pena vivere passando tutto il giorno in quel negozio maledetto… ore ed ore insignificanti che trascorrono giorno dopo giorno fino a quando viene sera… Così sera dopo sera… vivo la mia vita insignificante… trascorrendo giornate perse a vendere canottiere o mutande a signore anziane, facendo sorrisi falsi e compiendo gesti inutili e stanchi, perché è così che devo fare se voglio vendere… Questa è la mia vita inutile… e d’altronde se non fossi occupata con la merceria, che cosa farei?. Me ne starei a casa tutto il giorno a letto … stanca… stanca di non fare niente!”.
“ Da quando senti così forte questo sentimento di tristezza perche la tua vita è così insignificante?”
“Da quando Alex se ne è andato all’estero… non telefona mai … non viene mai a trovarci … niente … ormai io e suo padre non esistiamo più … Vhà! bene! Ho capito che i tuoi figli non sono tuoi  ma li metti al mondo e li fai crescere ma poi loro devono fare la loro strada… ma dico io almeno una telefonata… ogni tanto… per dire – Mamma e papà sto bene ormai! Qui non mi annoio mai … e tu come stai ? – Invece niente!... ed io sento molto la sua mancanza anche perché Alex è il mio unico figlio e non è che andandosene lui io ho altri figli di cui occuparmi. Cosa faccio io adesso da sola? … Aspetto di morire? … Non mi resta altro da fare che attendere che il Signore mi porti via …”. .. e con il fazzoletto che continuava a stropicciare in mano si asciuga gli occhi lucidi di pianto ed alza la testa quasi a voler allontanare quel momento di tristezza.
Siamo tutti in silenzio ad ascoltare quelle parole così piene di significato.  Parole di una mamma che mette a nudo i propri sentimenti.
“Cara Teodora” interviene Luisa,
“Anche a me è successo la stessa cosa… Pensa che io trascorrevo del tempo nella cameretta di Elena (mia figlia) per sentirmi più vicina a lei.
Anch’io ho sentito la mia vita inutile, e piangevo ed a volte ero così angosciata fino al punto da non desiderare vedere amici o andare al lavoro.
Parlare dei miei sentimenti, e ritrovare tutti quegli aspetti positivi che una maggiore libertà può offrire è stato molto importante per me. Nel frattempo, è importante continuare a frequentare gli amici, avvicinarsi al proprio partner, riscoprire interessi messi tempo prima nel cassetto perché questo è il nostro compito di madre.”
Poi Donatella chiede la parola “Ma i figli non sono tuoi, Teodora, i figli li metti al mondo ma non ti appartengono… li devi lasciar andare per la loro strada” .
“Sì, ma trascorri un’intera vita per accudirlo, poi seguirlo negli studi, e poi cercare di aiutarlo a superare quel periodo di adolescenza che è stato così complicato o addirittura tragico… ed ora dopo tutto quello che è stato… un’intera vita dedicata a lui … ora non telefona più e ci vediamo due volte all’anno … quando va bene!. .. Perché comunque Alex è fondamentalmente egoista.”
“ Ed io” riprende Luisa “ora per colmare questa solitudine cerco di sviluppare amicizie, hobby,  e  opportunità di dialogo e scambio di opinione come queste . Per me infatti è molto importante venire qui nel gruppo considerando anche che, mentre eravamo ancora tutti sotto lo stesso tetto, abbiamo messo da parte un po’ di denaro da spendere solo per gratificare e “coccolare” sia me che mio marito (viaggi, piccoli regali…) nel momento in cui saremmo rimasti soli. .. e così è stato. Perché immancabilmente poi succede naturalmente avendo la fortuna di arrivarci!.

Al telefono con Paola


08 ottobre’12

Paola:- ) Ciao! Hai visto la mia e_mail?
Laura:- ) Non ancora sono in corriera e devo arrivare in ufficio. Appena faccio pausa in ufficio ti mando una risposta.
Paola:- ) Tranquilla non c’è fretta cara Laura! Ma come stanno le tue figlie?
Laura:- ) Stanno moto bene ! Grazie. Sono cresciute in questi ultimi anni che non ci siamo viste. Ora sono delle belle ragazze.
Paola:- )  Sono sempre state belle le tue figlie! Adesso hai una nuova compagna?
Laura:- ) No. Non ho una compagna ma sorpresa delle sorprese sto con il tesoriere dell’Arcigay.
Paola:- ) Non ho capito … ma stai con un uomo o una donna?
Laura:- ) Sto con un uomo. .. è molto dolce e sensibile ed è un uomo! Ho scoperto di essere una bisex.
Paola:- ) Se vi volete bene questo solo conta. Penso che in fondo le Lesbiche DOC (quelle che non sono mai state con un uomo ) sono pochissime. Nella nostra vita possiamo cambiare e in fondo quando scegliamo di metterci in coppia con un’altra persona lo facciamo perché scegliamo l’altra persona non solo i suoi organi genitali. Io invece sono single ormai da anni. Per ora sto bene anche da sola.
Laura:- ) Io invece non sono capace di stare sola. Credo di avere problemi con la solitudine.
Per vivere da single bisogna avere un desiderio di autonomia e di solitudine che io non ho. Ho un continuo bisogno di mettermi in relazione con gli altri e quando sono sola sento che sto male.

Paola:- ) Vivete insieme?
Laura:- ) Si, viviamo insieme. E’ buono e dolce molto più di tante lesbiche e poi mi stima e sento che mi ama profondamente.
Paola:- )  Sono felice per te. 
Laura:- ) Poi mi fa sentire desiderata . . . e tu sei single per scelta o per destino?
Paola:- ) Un po’ per tutte e due. Sto bene da sola e poi non riesco a trovare la persona giusta. Da quanto tempo siete insieme?
Laura:- ) Da maggio 2012
Ora ti devo lasciare, sto entrando in ufficio e devo iniziare a lavorare .
Un abbraccio da Laura.
Paola:- ) Ciao, ciao…. Grazie.
Laura:- ) grazie a te!. E’ un piacere averti ritrovata ed aver parlato con te.
Nonostante la distanza per fortuna oggi ci sono mezzi di comunicazione economici e buoni. Ci vediamo presto. Un bacio e a sabato.  

Un'adolescente che grida "GUARDAMI!"


Caro Giovanni,
grazie per la serata di ieri sera è stata  molto bella ed interessante.
E’ proprio vero che quando si è in pochi è più emozionante e a volte escono le cose più profonde e confidenziali.
Io non ho parlato non perché non avevo niente da dire ma perché avevo troppe cose da dire!
Volevo parlare di Marika, della mia vita di coppia, dei miei sentimenti e frustrazioni ed invece non ho detto niente.
Muta guardavo inebetita gli altri e mi dicevo. “Che mal di testa! Quanti pensieri e sentimenti sono dentro di me ma soprattutto quante paure”.
Te ne sei accorto vero Giovanni ? Ti sei accorto del mio silenzi. Io però muta guardavo il soffitto e lasciavo che le ore trascorressero inesorabilmente.
Ero tra le mie paure.
Una delle paure più grosse abitavano nel mio cuore e nella mia mente e nella mia pancia ed io che cosa ho fatto?
Niente.! Sono stata raccolta tra le mie riflessioni . Perché?
Troppo difficile da dire. Soprattutto per una donna perfetta, orgogliosa ed arrivata professionalmente a certi livelli dirigenziali come sono io.
Solo ora riesco a dirti che ruzzolone ha rischiato la mia vita e quella di mia figlia Marika  ieri mattina.
Come ogni mattina mi sono alzata alle sei , ho preso i mezzi pubblici come sempre e come sempre sono andata in ufficio. Si prospettava davanti a me una quieta e noiosa giornata di lavoro in quell’ufficio solito con quelle pratiche tediose e ripetitive.
Quando alle 10 squilla il telefono. Era la scuola di Marika che chiedeva di venire a prendere la figlia perché aveva vomitato un po’ di sangue.
Prendo quindi l’autobus e mi precipito a scuola. Ti ricordi Giovanni, Marika la mia bambina? Ora è cresciuta molto sai? e si sta trasformando in una bellissima donna. Ti ricordi i suoi bellissimi occhi azzurri? Ora sono diventati ancora più luminosi e belli . Poi  a 14 anni ha già un bel seno perfetto ed un culetto grazioso che spesso dondola maliziosamente tutte le volte che passa vicino ad un ragazzo. Marika sa già di essere bella e io ho sempre pensato di passare i miei 45-50 anni ad aprire la porta ad una processione di ragazzi innamorati di lei.
Ma così non è stato.
Marika si è trovata un bel ragazzo di nome Alberto, e la processione non è neppure iniziata.
Ora, dicevo,  Marika, la mia bambina, l’ho portata di corsa al Pronto Soccorso dell’Ospedale e lì il medico mi ha tranquillizzata subito dicendo :”Non si preoccupi signora Laura, ieri sera mi ha detto che sua figlia ha preso un’aspirina per il mal di testa e probabilmente è stata proprio quella che ha provocato una piccola ulcera nel tubo digerente e che le ha fatto sputare quel muco sporco di sangue. Per essere sicuri però facciamo dei raggi per vedere che non sia qualcosa di più importante”.
“Grazie dottore!” … e già ero molto sollevata.
Un’infermiera si avvicina e molto gentilmente mi dice “Bene signora basta solo firmare qui perché dobbiamo assicurarci che la ragazza non è gravida prima di fare i raggi. Non si preoccupi è solo una formalità”.
Guardo Marika con uno sguardo investigativo “Firmo?” Ma lei a testa bassa si guardava incessantemente le scarpe come se avessero loro la facoltà di parlare e chissà cosa di interessante da dire.
“Firmo? Marika guardami negli occhi… Hai avuto dei rapporti non protetti in questo ultimo periodo?” .
Con un sussurro riuscì a dire “Sì!”
“Oh santo cielo!” . Cominciavo ad agitarmi.
“Come sì! Cosa vuol dire sì ?! Perché sì ?!”
“Non so … volevamo provare … Alberto continua a litigare con sua madre … e noi .. ormai siamo grandi! Io lo amo e voglio andare a vivere con lui… non so’ perché!”
E continuava a guardare quelle scarpe da ginnastica così sporche e scarabocchiate tipiche di una adolescente ancora bambina.
“Ma se siete entrambi minorenni!” Era la cosa più gentile e carina che ero riuscita a dire.
Parlare della paura che Marika, una bambina di 14 anni, mi rimanesse incinta di un “so tutto io!” e mi partorisse a 15 anni rovinandosi la vita. Troppo!
Mi spiace caro Giovanni ma ieri sera non ce l’ho fatta a parlare!
Un po’ di “cacarella” gli è sicuramente e giustamente venuta alla mia dolce Marika (ed io ho fatto di tutto per fargliela venire) quando seduta (o meglio agitata) sulla sedia del Pronto Soccorso aspettava il risultato del Test di gravidanza che per fortuna è risultato negativo.
“Ma non si può” dico io “ con una mamma che per precauzione ti regala i preservativi e ti invita ad usarli , non si può, senza un motivo apparente , avere dei rapporti a rischio. Oggi nel 2013 con tutto quello che si sa e con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione essere così leggeri! ”
Io mi chiedo perché? Che cosa le è passato in quella testolina per fare una cosa del genere? Perché oggi non è mancanza di informazione, non è ingenuità e non è neanche voglia di uscire di casa per avere più libertà (come poteva succedere una volta) ed allora che cosa è?
Perché una bambina di 14 anni e mezzo vuole buttare via l’età più bella fatta di divertimento e studio per “correre” verso sicuramente un sogno bellissimo ma che è giusto realizzare ad un’età più matura?
Perché non si riesce a godere del presente e si rincorre un futuro che arriverà ! Certo arriverà! Diamogli solo il tempo di arrivare!
Tutto questo mi ha fatto rimanere:
Muta.
Sconvolta.
E non so cosa rispondermi, come reagire.
Un abbraccio da Laura.
Giovanni mi ha risposto qualche giorno dopo semplicemente così:

“Cara Laura,
penso che la tua dolce bambina voglia solo dirti che è cresciuta e sta diventando donna. Forse è meglio farle capire che hai capito che lo è!
Un abbraccio da Giovanni"

lunedì

Cosa sono i Nuovi Stili di vita

 


I nuovi stili di vita stanno diventando sempre più gli strumenti che la gente comune ha nelle proprie mani per poter cambiare la vita quotidiana e anche per poter influire sui cambiamenti strutturali che devono accadere mediante le scelte dei responsabili della realtà politica e socio-economica.

I nuovi stili di vita vogliono far emergere il potenziale che ha la gente comune di poter cambiare la vita feriale mediante azioni e scelte quotidiane che rendono possibili cambiamenti, partendo a un livello personale per passare necessariamente a quello comunitario fino a raggiungere i vertici del sistema socio-economico e politico verso mutazioni strutturali globali.
Gli obiettivi
  1. Nuovo rapporto con le cose: da una situazione di servilismo alla relazione di utilità, dal consumismo sfrenato al consumo critico, dalla dipendenza all’uso sobrio e etico.
  2. Nuovo rapporto con le persone: recuperare la ricchezza delle relazioni umane che sono fondamentali per la felicità ed il senso della vita, costruire rapporti interpersonali non violenti e di profondo rispetto della diversità, educare all’alterità non come minaccia ma come ricchezza, superare la solitudine della vita urbana con la bellezza dell’incontro e della convivialità.
  3. Nuovo rapporto con la natura: dalla violenza ambientale al rispetto del creato, dalla mercificazione della natura alla relazione con “nostra madre terra”, dall’uso indiscriminato alla responsabilità ambientale.
  4. Nuovo rapporto con la mondialità: passare dall’indifferenza sui problemi mondiali alla solidarietà e responsabilità, dalla chiusura e dal fondamentalismo all’apertura e al coinvolgimento, dall’assistenzialismo alla giustizia sociale, dalle tendenze nazionalistiche all’educazione alla mondialità.
I tre livelli e il processo di azione
I nuovi stili di vita non intendono coinvolgere solamente la sfera personale della vita, ma devono allargarsi alla dimensione comunitaria (come sottolinea il n° 155 del sinodo della diocesi di Verona Che cercate? 2002-2005: “Si richiede l’attenzione a stili di vita sobri e coerenti: questa attenzione non può essere limitata alle scelte dei singoli, ma deve coinvolgere l’intera comunità ecclesiale, le sue componenti (parrocchie, associazioni, istituti religiosi) e le sue strutture anche nella gestione degli spazi e delle risorse economiche) sia ecclesiale che sociale, e fino al cambiamento dei sistemi e delle strutture socio-economiche, politiche e culturali.
  • a livello personale e familiare mediante pratiche e comportamenti quotidiani e possibili;
  • a livello comunitario e sociale attraverso scelte e azioni collettive, coraggiose e profetiche, adottate dalle chiese e dai vari settori della società civile;
  • a livello istituzionale e sistemico mediante decisioni e delibere politiche (leggi, trattati, concordati, costituzioni…), che obbligano le varie istituzioni socio-economiche e culturali a scelte e cambiamenti strutturali.
Il processo di azione avviene mediante il movimento dal basso verso l’alto e non tanto il viceversa. Questa è la dinamica efficace dei nuovi stili di vita perché quando le nuove pratiche diventano azioni della gente e tanto più scelte di massa anche i vertici e le strutture delle istituzioni politiche ed economiche vengono coinvolti al cambiamento. L’altro dinamismo è la circolarità dell’azione: non esiste tanto la gradualità dei livelli ma la circolarità, ossia l’uno arricchisce e stimola l’altro in modo circolare.

Decrescita

 

La Decrescita (DEL PIL): passare da una politica che ha come obiettivo il far aumentare il PIL diminuendo il benessere dei cittadini ad una politica che mira ad aumentare il benessere dei cittadini non del PIL.
 Cosa hanno in comune l’alluvione del Veneto, il terremoto d’Abruzzo del 2009, la marea nera nei mari della Louisiana del Giugno 2010, l’uragano Katrina del 2005, le alluvioni del Brasile del marzo 2010?
Queste catastrofi comportano un significativo incremento delle merci scambiate con denaro e quindi, inevitabilmente nel tempo, un incremento del Prodotto Interno Lordo (PIL).
Sembra assurdo, ma disastri simili migliorano l’indice che la Politica utilizza per convincere i popoli di quelle stesse nazioni che in esse si vive meglio. In realtà il PIL è un indicatore ormai sterile che non tiene conto di molteplici elementi che sono poi il vero cardine dello “star bene” di un popolo. Nel PIL non si conteggiano, per esempio, le cure che le famiglie prestano ai propri anziani o quelle della mamma rivolte al proprio figlio. Non include il lavoro casalingo e il volontariato.
 Non considera quei beni donati, barattati, riciclati e aggiustati. Non tiene conto della qualità dei rapporti tra le persone. Non misura la “felicità” dell’uomo. Robert Kennedy, nel 68 diceva: Non possiamo misurare i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute, della qualità dell'educazione o della gioia dei momenti di svago. Non comprende la bellezza della poesia o la solidità dei valori familiari, o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti, o la giustizia nei nostri tribunali. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
 Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Alla luce della presa di coscienza che il PIL non è più un indicatore sufficiente a misurare le performance di una nazione evoluta, come potrebbe essere un qualsiasi Paese d’Europa, alcuni tecnici stanno cercando di definire un nuovo parametro: il BIL, Benessere Interno Lordo. Il BIL è un indicatore che cerca di misurare la qualità della vita dell’uomo e della comunità in cui vive. Nella sua definizione si considerano le condizioni di vita materiali, l'aspettativa di vita, il tasso di iscrizione universitaria, la partecipazione alla vita politica, l’ambiente, il tasso di criminalità e i rapporti sociali. Un incremento del PIL spesso si traduce in una diminuzione del BIL. Ad esempio, si può avere un alto prodotto interno lordo in una zona con alto tasso di criminalità, fattore che deprime il BIL. Il BIL locale è una sfida per quei sindaci che si vogliono distinguere dal qualunquismo politico degli ultimi decenni. Una sfida che certamente permetterebbe di pianificare una più sana politica comunale basata sulla sobrietà, sulla creatività, sul buon senso e sul buon gusto.
Dimenticavo, anche star fermi in coda un paio d’ore con la propria auto o fare un incidente incrementa il PIL, facendo sì felice qualche politico romano, ma non voi e quindi: De-PIL-iamoci! www.simonezuin.it
QUESTO BLOG NON E' UNA TESTATA GIORNALISTICA: VIENE AGGIORNATO CON CADENZA CASUALE A SECONDA DEGLI UMORI DELL'AUTRICE. PERTANTO NON E' E NON VUOLE ESSERE UN PRODOTTO EDITORIALE, AI SENSI DELLA L. 62 DEL 07.03.2001, BENSI' UN SEMPLICE DIARIO PERSONALE E CONDIVISO DI CHIACCHERE IN LIBERTA'. Ogni persona o luogo citato nei post/racconti del diario è da considerare frutto di fantasia e se corrisponde a persone o fatti accaduti ciò è puramente casuale.